Ci sono disturbi solo di nome e disturbi che sono tali anche di fatto. L’Adhd è uno di questi, potremo infatti dire che è un disturbo che non coinvolge solo il suo portatore bensì tutto il contesto sociale in cui egli è inserito.E’ stato argomento della mia tesi di specializzazione in Psicoterapia Cognitiva nel lontano 2007, ragion per cui già all’epoca mi documentavo su questo disturbo e, da tirocinante operosa di Neuropsichiatria Infantile, mi occupavo della valutazione e del trattamento di questi ragazzini, e non dico ragazzini per fare discriminazione ma proprio perché statisticamente il rapporto maschio/femmina si aggira attorno ai 5:1. Ai tempi ricordo che dopo la valutazione, venivano indirizzati nella mia stanzina dove avrei dovuto provare a realizzare con loro un intervento di riabilitazione per aiutarli a gestire la situazione emotiva e comportamentale che li coinvolgeva direttamente. Le prime volte ero completamente spiazzata dal loro temperamento vivace ed irrequieto a e dalla scarsa propensione a comportarsi secondo le comuni regole sociali, erano infatti la rappresentazione opposta dei”bambini modello”. Col tempo queste loro caratteristiche hanno trasformato la mia perplessità nella curiosità e nell’interesse di capire meglio quale fosse il funzionamento cognitivo ed emotivo che si manifestava con cotale energia. Tanto grande diventò la mia motivazione a lavorare con loro che fu proprio un bambino con diagnosi di adhd a diventare il protagonista della mia tesi.
Ma andiamo per ordine: cosa si intende per ADHD? Quando usiamo questa etichetta diagnostica ci riferiamo a un disturbo evolutivo dell’autocontrollo caratterizzato sia da deficit di attenzione che da problemi di iperattività motoria e di gestione degli impulsi.
La componente attentiva
Nell’Adhd i sintomi ascrivibili alla disattenzione si manifestano, specialmente in quei bambini che presentano una forte propensione alla divagazione dal compito, difficoltà a mantenere l’attenzione necessaria per portare a termine una consegna che richiede un tempo di esecuzione abbastanza prolungato. Questi bambini faticano notevolmente a osservare le consegne che gli vengono affidate e di conseguenza molto spesso cercano di evitare quei compiti che richiedono più impegno ed attenzione. Altri sintomi riconducibili alla disattenzione sono la alta distraibilità, la caratteristica sbadataggine e la loro poca precisione nello svolgere i compiti che gli vengono assegnati.
La componente iperattiva
Quando parliamo di iperattività intendiamo un eccessivo livello di attività motoria ed anche una loquacità particolarmente consistente . Ovviamente tali caratteristiche, per essere considerate sintomi, devono verificarsi in situazioni non opportune e risultare non consone al raggiungimento di un preciso scopo. Questi ragazzini sono sempre in movimento: a casa, a scuola, durante le attività ludiche e mentre svolgono i compiti.
La componente impulsiva
L’impulsività, infine, si riferisce ad azioni affrettate, alla difficoltà che hanno nel posticipare una risposta ed altresì nel bloccare un comportamento inappropriato. I bambini impulsivi rispondono troppo velocemente trascurando la correttezza delle risposte che forniscono. L’impulsività si manifesta anche come tendenza a svolgere azioni con un alto indice di pericolosità senza un’attenta valutazione del rischio cui si va incontro.
Dopo aver analizzato i tre aspetti che caratterizzano questo disturbo possiamo comprendere meglio che non si parla di ADHD quando si ha a che fare con un ragazzino vivace e chiacchierone e che molte critiche che vengono formulate circa l’esistenza o meno di questo disturbo sono molto frequentemente mosse da una non preparazione specifica circa tale disturbo dello sviluppo.
Spesso si sente dire che Adhd e DSA sono una moda, che “ai nostri” tempi non esistevano. Raramente ci fermiamo a riflettere sul fatto che molto probabilmente “ai nostri” tempi i ragazzini con queste caratteristiche venivano etichettati in maniera molto meno benevola e se ne sentiva parlare poco a causa del frequente abbandono scolastico di cui erano vittime (N.d.R.)
La diagnosi
Psicologi e neuropsichiatri infantili quando accolgono nel loro studio un bambino, prima di formulare delle ipotesi diagnostiche si rifanno ad una prassi ben consolidata che prevede molti step:
- colloquio con i genitori,
- colloquio col bambino, osservazione dello stesso in situazioni particolari all’interno del setting diagnostico,
- somministrazione di appositi questionari per la famiglia e per gli insegnanti,
- screening cognitivo e psicologico del bambino,
Inoltre per poter effettuare una diagnosi si devono rifare ai criteri diagnostici presenti nei principali manuali diagnostici pubblicati dalle Associazioni Diagnostiche ed approvati dall’organizzazione mondiale della sanità.
Questo ci tengo a specificarlo perché spesso vengo coinvolta in discussioni ove permea la comune credenza che le diagnosi vengano formulate con estrema leggerezza allo scopo di poter delegare ad altre agenzie la responsabilità su un determinato ragazzino
Circa la diatriba relativa all’efficacia o meno del metilfenidato ( meglio conosciuto col nome commerciale di Ritalin) non voglio addentrarmi, lascio questo compito a colleghi con competenze mediche e vorrei evitare di alimentare polemiche inutili per la salute dei bambini.
Cause
Le cause del Disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività non risultano essere ancora del tutto chiare nonostante esistano dati scientifici che sottolineano l’importanza di fattori che coinvolgono il funzionamento del Sistema Nervoso Centrale.
A questo proposito, sono state avanzate varie ipotesi, tuttora in fase di verifica sperimentale, che ricondurrebbero il disturbo rispettivamente ad un anomalo funzionamento dei lobi frontali del cervello (coinvolti nella gestione dell’attenzione e nella pianificazione); alle diverse dimensioni di alcune strutture cerebrali sottocorticali; o, ad un’inferiore attività della parte anteriore del cervello.
Le cause non sono ancora del tutto chiare, esistono, tuttavia, dati che confermano il ruolo importante di fattori genetici (generalmente in linea maschile), prenatali, fisici ed ambientali.
L’ipotesi maggiormente accreditata sottolinea una disfunzione neurologica causata dalle ridotte quantità di neurotrasmettitori cerebrali
Intervento
Da ciò che emerge dalla letteratura dedicata all’ADHD, il trattamento più efficace per questo tipo di disturbo deve coinvolgere allo stesso tempo il bambino, la scuola e la famiglia, deve essere cioè un trattamento multimodale.
In età prescolare: si preferisce puntare sul Parent Training, ossia nel fornire ai genitori delle indicazioni chiare per favorire la comunicazione col figlio e per potenziare le dinamiche familiari. Tali indicazioni variano dalla puntualizzazione delle regole ( poche e chiare), al come organizzare le attività giornaliere stabilendo delle routine fisse. Secondo questo approccio è necessario limitare sia i rimproveri che le punizioni favorendo invece la premiazione dei comportamenti adeguati.
In età scolare: oltre al già descritto Parent Training si abbina il Teacher Training. Esso si propone l’obiettivo di migliorare la qualità della vita scolastica di insegnanti e alunni. Per tale fine si supportano gli insegnanti attraversouna formazione specifica che li guidi nell’ adottare strategie di intervento utili ed efficaci sia per le situazioni di disagio che per riuscire a mantenere le condizioni di benessere collettivo.Tali strategie efficaci ed evidence based sono di matrice cognitivo comportamentale
A questa età è indicato integrare il trattamento con un intervento cognitivo-comportamentale il quale, dopo una valutazione attenta delle risposte comportamentali e delle situazioni ambientali che le causano e ne favoriscono il mantenimento,integra l’insegnamento di strategie cognitive, con tecniche di modificazione del comportamento. Nel corso del trattamento si cerca di modificare quelli che sono ritenuti i comportamenti problema e di favorire quelli positivi e socialmente desiderabili.
Una delle tecniche più utilizzate è la Token Economy, un sistema a punti che va a premiare con un “gettone” ogni qualvolta si presenta il comportamento desiderato. Oltre alla comprovata efficacia di tale metodo è importante sottolineare che esso può essere messo in atto sia a casa che a scuola ed è efficace nel lavoro col singolo come in quello col gruppo.
Fonti
Tratto dal blog di Federica Dessolis https://federicadessolis.com
http://www.aidaiassociazione.com/
http://www.aifa.it/descizione.htm